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Coronavirus: il racconto della stampa italiana

Coronavirus. La parola che sta terrorizzando il mondo in queste settimane. Se in passato furono epidemie come SARS, Aviaria, Suina – solo per citarne alcune – a causare migliaia di morti, il nuovo decennio si è aperto con la diffusione di un nuovo virus che sta colpendo principalmente la Cina. Si tratta del “nuovo coronavirus” (in termini tecnici 2019-nCoV), un ceppo della famiglia coronavirus mai identificato nell’uomo prima d’ora. I primi casi sono stati registrati a Wuhan, città della Cina centrale.

Nelle ultime settimane si sta scatenando una vera e propria psicosi: analizzando i dati forniti da Google Trend è possibile notare come a partire dagli ultimi giorni del mese di gennaio sia aumentato notevolmente l’interesse sulla notizia, fino al picco raggiunto il 31 gennaio 2019 quando – con oltre 500.000 ricerche – l’argomento più cercato su Google è stato “Coronavirus sintomi”. Allo stesso modo è cresciuto il volume di ricerca per la parola “mascherina”, il primo rudimentale strumento di difesa dal contagio. Cinquant’anni dopo, l’effetto di agenda setting dei media è ancora lì, forte come non mai.

Dato il valore della discussione, Quaerys ha deciso di approfondire l’argomento analizzando la copertura che la stampa nazionale ha dato alla notizia. Sono state prese in esame le principali testate nazionali, analizzando oltre 250 articoli pubblicati dal 27 gennaio al 4 febbraio.

I temi rilevanti in Italia

La notizia dell’isolamento della sequenza parziale del virus – avvenuta nei laboratori dell’ospedale Spallanzani di Roma – ha avuto una notevole eco nel panorama mediatico. “Avere a disposizione il virus in un sistema di coltura ci permette di provare farmaci in vitro, di avere grandi quantità di virus per la messa a punto di un vaccino e infine avere il virus a disposizione significa poter fare studi di patogenesi, cioè sui meccanismi di replicazione” ha affermato Maria Capobianchi, direttore del laboratorio di virologia dello Spallanzani. I dati che la notizia dell’isolamento del virus è stata la più battuta, all’interno di una cornice narrativa che esalta in termini epici l’equipe che ha portato a casa il risultato. I lemmi “ricercat*” (femminile e maschile, singolare e plurale), “Spallanzani” e “laboratorio” sono infatti quelli che ritornano maggiormente all’interno dei testi analizzati.

Fig.1 Le tre ricercatici Concetta Castilletti, Francesca Colavita e Maria Rosaria Capobianchi insieme al Ministro della Salute, Roberto Speranza. Fonte: profilo Twitter Roberto Speranza

L’isolamento del Coronavirus avvenuto il 2 febbraio 2020 ha permesso infatti di depositare la sequenza nel database GenBank che verrà infine resa disponibile a tutta la comunità scientifica mondiale. Cina, Giappone e Australia erano già arrivate a tale risultato, l’Italia è stato il primo dei paesi europei, in contemporanea con la Francia, a raggiungere questo importante obiettivo.

Fig.2 Titolo dell’articolo Corriera della Sera. Fonte: Il Corriere della Sera

Non solo cronaca però. La diffusione del virus ha avuto, inevitabilmente, delle ripercussioni anche sulla politica. È il caso dei governatori di Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige che tramite una lettera inviata al Ministero della Sanità hanno chiesto di estendere il periodo di isolamento per chi rientra dalla Cina anche ai bambini che frequentano le scuole. In prima in linea il presidente veneto Luca Zaia. A gettare acqua sul fuoco, però, ci ha pensato il ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, che ha rispedito al mittente la richiesta di isolamento, specificando che non esiste alcuna emergenza per le scuole.

I sintomi e i numeri del virus

Informazioni sul virus e aggiornamenti costanti sulla situazione dei contagiati trovano spazio nel racconto di tutte le testate prese in considerazione. Molti sono infatti gli articoli che riportano i sintomi accusati da chi contrae il Coronavirus e altrettanti quelli che includono informazioni circa i metodi di trasmissione e i consigli su come prevenirlo. La copertura allarmistica alimenta un cortocircuito mediatico che spinge i media stessi a chiarire i principali aspetti sanitari ed epidemiologici, con l’intento di contenere le derive pseudoscientifiche e/o isteriche. Le parole “respiratorio” e “tosse” sono infatti due dei termini maggiormente usati all’interno degli articoli presi in considerazione spesso associate anche a “sintomo”. La strategia narrativa adottata dalle principali testate ricorre infatti all’espediente retorico del “Cosa sappiamo fino adesso”, spesso ospitando l’intervento di esperte ed esperti del settore.

La descrizione del virus e delle sue manifestazioni si accompagna con il racconto ora per ora. Al momento della scrittura di questo articolo i dati ufficiali parlano di 636 morti e 31.161 contagiati, la maggior parte dei quali residenti nella zona da cui è partito il contagio. In Italia è molto alta l’attenzione sui due casi registrati a Roma, una coppia di turisti cinesi provenienti proprio dalla cittadina di Wuhan, e sul primo caso italiano. I tre sono ricoverati all’Istituto Spallanzani di Roma e gli aggiornamenti sul loro stato di salute sono ormai quotidiani.

L’epidemia di fake news

Se nel mondo reale medici, infermieri e ricercatori lavorano costantemente per porre un argine alla diffusione del virus, sul web si combatte un’altra pericolosa epidemia: quella contro le fake-news, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene ancora più perniciosa di quella sanitaria. Il riferimento, qui indiretto, è certamente al potere dei mezzi di comunicazione di massa di condizionare gli atteggiamenti e l’agire degli individui, in funzione della pressione e del registro con cui le notizie sono costruite e diffuse. D’altro canto, ormai un secolo fa, il giornalista Walter Lippmann: l’individuo, infatti, conosce per lo più in modo indiretto, perché, come scrive in Public Opinion, «l’ambiente reale è troppo complesso per consentire una conoscenza diretta. […]. E pur dovendo operare in questo ambiente [l’individuo è] costrett[o] a costruirlo su un modello più semplice per poterne venire a capo» [Lippmann 1922; trad. it. 1963, 18-19]. Detto altrimenti, lo deve rappresentare. Sta proprio in questo l’intuizione che rende l’opera di Lippmann straordinariamente attuale ancora oggi: ciò che definiamo «realtà» non è un dato esogeno e oggettivo in senso assoluto ma è il prodotto di una fitta rete di processi soggettivi, storici e sociali.

Analizzando le parole correlate al termine “fake news” emergono sia gli effetti suscitati (“psicosi”, “panico”, “paura”, “preoccupazione”) sia i luoghi e gli attori coinvolti nella battaglia alle derive pseudoscientifiche (“Twitter”, “Ministero della Salute”).

In particolare, il Ministero della salute è sceso in campo in prima linea sottoscrivendo un accordo proprio con Twitter che metterà in evidenza nelle ricerche il link ufficiale del Ministero. È stato inoltre predisposto un sito internet ad hoc dove è possibile consultare le ultime notizie e i comunicati ufficiali, trovare risposta alle principali domande riguardo l’infezione e la trasmissione e link alle principali fonti di informazioni a livello mondiale.

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